Gio. Nov 21st, 2024

Se fuori c’è il Male assoluto, il male ontologico, è vietato dubitare. Un bipolarismo sempre più vacuo è l’esito più probabile di questa attuale fase politica. Le sardine in fondo svolgono questa funzione. Nessuno può credibilmente pensare, tanto meno sostenere, che i loro flash mob spostino voti da un campo all’altro. Basta scorrere i messaggi nei loro gruppi, ascoltare le interviste dei leader, per avere di fronte una semplificazione infantile del dibattito politico. Possono fomentare, caricare chi è già in un campo contro il campo avversario: nessuna proposta, nessuna autocritica, nessuna discussione. Lo schema retorico-argomentativo è (in piazza, in tv, sui social) più o meno sempre lo stesso:

1) l’avversario politico, inteso come leader, viene etichettato come “ignobile, volgare, una offesa alla politica” (aggiungendo ogni volta un dettaglio: razzismo, nostalgia di fascismo, secessionismo ecc.) e queste caratteristiche vengono traslate sul suo movimento politico (dirigenti ed elettori);

2) ci si autoassegna il ruolo di portatori di valori sani e generici, prepolitici, tra l’altro in evidente contraddizione con il giudizio estremo sull’avversario: sorriso, arte, relazioni umane;

3) per guadagnare simpatie da società civile ci si definisce “apolitici/apartitici” (con gran confusione concettuale tra i due termini), mentre al contempo si organizza una manifestazione contro una parte politica, e quindi a favore dell’altra;

4)a confermare la confusione si chiede di rimanere vicini ai “nostri politici” che “si fanno il culo” (ovviamente intendendo gli avversari dell’ignobile/degli ignobili): oltre che una visione tecnocratica/efficientista della politica, ciò svela il bluff “apartitico/apolitico”.

A osservare al microscopio ciò che i loro leader hanno detto e scritto in queste settimane (ma anche prima di divenire leader), ci si staglia davanti un archetipo strano e inquietante. Ha scritto molto efficacemente Jean De Mille: “…il ritratto perfetto dell’uomo medio, mediamente collocato lungo la scala della gerarchia sociale e mediamente soddisfatto. Mediamente scolarizzato e mediamente cólto. E più che mediamente immune rispetto alla crisi e alle dinamiche di precarizzazione e di marginalizzazione. È precisamente a questo uomo….che si rivolge il manifesto: per lanciare un’autentica OPA (offerta pubblica di acquisto) su una parte molto consistente del Movimento 5 Stelle…”

 https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-manifesto_delle_sardine__partita_lopa_del_pd_su_una_parte_del_movimento_5_stelle/82_31839/

 

La tenaglia sul M5S si è rivelata in effetti perfetta. Come è chiaro dalla vicenda Emilia Romagna, il M5S può scegliere oramai solo come suicidarsi: andando col Pd (e quindi perdendo metà o più dei propri a favore della Lega); andando da solo (condannandosi a risultati residuali, magari con l’onta di aver “favorito l’ascesa delle destre”).

È ovvio che da questo scenario possa trarre vantaggio solo chi è già forte nel proprio campo. Ovvero il PD (e in misura minore e marginale i suoi alleati ove abbiano una qualche consistenza numerica, ma nessuna influenza egemonica). Il PD, tra l’altro, nemmeno si sogna di accogliere il lato “estremo” di quelle piazze (per fortuna). Zingaretti e i suoi, diversamente dalle balle di Repubblica, L’Espresso, Lilli Gruber, le sardine e Topo Gigio, non trattano affatto Salvini e la Lega da fascisti. E infatti negoziano proprio con la Lega sulla legge elettorale e sulla conferma di un impianto maggioritario.

Quello delle sardine è dunque un movimento di conservazione, che rafforza l’esistente, un movimento di classe media che interviene nell’agone politico aggiungendovi un sovrappiù di manicheismo, di schematismo binario. La casa brucia, ma le sardine si lamentano perché c’è qualcuno che grida troppo. Il populismo (o il sovranismo, in una confusa e/o maliziosa sovrapposizione) disturba, bisogna riprendersi le piazze contro il presunto estremismo. Invece di interrogarsi e interrogare la propria parte politica sulle cause che hanno generato l’ascesa e il consenso del M5S prima e della Lega rinnovata poi, si mira a silenziarli. E se la contrapposizione al leader avversario ricorda i precedenti dei girotondi e del popolo viola, questa richiesta di sorridente totalitarismo (“avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare”, scrivono nel loro manifesto), somiglia assai alla marcia dei 40mila, dei quadri FIAT, che mise una pietra tombale su un movimento operaio ritenuto estremista, violento, eccessivo, disturbatore.

E nemmeno si comprende per quale ragione il solo riempire le piazze dovrebbe essere salutato come un progresso, un evento positivo. Perché l’impressione è che questi flash mob tengano tutti lontano da una riflessione sulle questioni che gonfiano le vele della destra, anche in territori come l’Emilia Romagna, in cui sono nate le sardine, tradizionalmente collocati a sinistra. I principali motivi di disagio sono (basta ascoltare, quando hanno modo di parlare, i residenti di certi paesi e di certi quartieri) delinquenza, degrado, caseggiati ex operai divenuti zone off limits e paradisi per spaccio e prostituzione, il tutto unito a una crescente insicurezza sociale. Ma questo dato viene puntualmente ignorato ed ecco il combinato disposto di una mancata autocritica (su sé e sui dirigenti della propria area politica) e di un giudizio lapidario sul piano morale di elettori e dirigenti della parte opposta (magari in nome di un antifascismo irenico, sterilizzato, asettico, destoricizzato). Insomma lo schema di lettura della realtà proposto dalle sardine ha come unico esito, e non è un esito positivo, l’ostracismo nei confronti di chi non intende abbracciare una visione primitiva dello scontro politico. Se Salvini (o la Lega, o Meloni, o la destra o i populisti) è il Male, non condannare il Male diviene naturaliter esserne complice, sostenitore. A tale semplificazione estrema (e potenzialmente, questa sì, pericolosa) occorre rispondere con la difesa della complessità.

Alessandro Porcelluzzi

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