Mi sarebbe piaciuto arrivare alle 10,00 del 31 Agosto (ora in cui scrivo) con notizie certe sul Governo prossimo venturo.
Ma non ne ho, e non ne abbiamo.
Chi segue questa rubrica, che curo quasi sempre io, ed ha magari letto anche qualche sporadico articolo scritto recentemente per “Costume e Società” saprà come avessi previsto in tempi non sospetti la progressiva insostenibilità di una situazione politica contrassegnata dal costante travaso di consensi dal M5S alla LEGA, nonché la possibile e conseguente ricucitura dei rapporti fra il M5S e il PD.
Se poi tutto ciò sia successo a causa delle mosse quantomeno scoordinate e confuse di Salvini, o se l’ “inciucio” fosse già in atto, è questione tuttora controversa.
Mi sarebbe egualmente piaciuto dedicare la “P” (ricordo che per il 2019 la rubrica Pòlis è strutturata sotto forma di dizionario) a qualche parola “impegnativa”:
POLITICA (ma penso che “politico” sia il dizionario nella sua interezza); POVERI-POPOLO-PROLETARIATO (che sono una costellazione di parole reciprocamente affini);
PARTITI-PROGRAMMI-PARLAMENTARI (un’altra costellazione); POTERE …
… o addirittura “Plebiscito”, “Progresso”, “Patrimoniale”, “Parentopoli” (con la “P” non c’è che l’imbarazzo della scelta!).
La dedico invece che a POLTRONE, giacché la parola risuona ormai da due settimane, e compare largamente negli sfottò dei Social (vedi foto).
Intendiamoci: “Poltrone” è un classico! Ma è contemporaneamente argomento triviale, fatto proprio dalle fasce di popolazione meno acculturate: “Quelli lì pensano soltanto alle poltrone!”.
E’ difficile che un esponente politico adoperi quest’arma, perché è a doppio taglio: ne parlerebbe chi sta a sua volta ben seduto su una poltrona …
… e l’ostentata affermazione di non volerci rimanere a tutti i costi svela in realtà l’esatto contrario, lo sappiamo: chi dice di non voler fare qualcosa (“non voglio far polemica”) denuncia indirettamente quello a cui sta pensando, per l’appunto, fare polemica, o, come nel nostro caso, difendere la propria poltrona, o le poltrone per i membri del Partito.
Durante la tanto vituperata Prima Repubblica, però, pur nella coscienza diffusa di scandali, favori e ruberie, non ci si accusava a vicenda di ambire alle poltrone (anche perché era ovvio!). E a dirla tutta, né i politici, né il popolo erano ossessionati dal numero dei Parlamentari, o dai loro guadagni: bastava che facessero decentemente ciò per cui erano stati eletti.
Tutto questo gran parlare di “poltrone”, adoperando chiaramente ed evidentemente il termine, è tipico del Terzo Millennio, e deriva inoltre da un’interpretazione superficiale del “populismo”.
Come a dire: ci adeguiamo al modo di parlare e argomentare “del popolo”.
Il problema POLITICO è tuttavia che pur essendoci un’ovvia motivazione dei singoli e dei Partiti “alle poltrone”, essa potrebbe essere comunque “declinata strategicamente”, anche OLTRE IL PRESENTE.
Per dire: chi glielo ha fatto fare alla LEGA di aprire una crisi, se poteva continuare a rafforzarsi per tutta la Legislatura, o per una parte di essa, a detrimento del M5S?
E a quest’ultimo, chi glielo fa fare di forzare l’alleanza col PD, evidentemente sgradita al proprio elettorato, al fine di mantenere nell’immediato delle “poltrone” che potranno però essere perse in futuro in maniera addirittura catastrofica?
(Diverso è il caso del PD, propenso ad assecondare “per disciplina di partito” le piroette più bizzarre dei suoi leader … un antico retaggio “comunista”, sconcertante ai tempi d’oggi.)
In realtà, non dobbiamo dimenticare che la sussistenza dei Partiti “precede” regolarmente il benessere del Popolo, della Nazione, dello Stato, ma il benessere del singolo Parlamentare precedere quello del Partito.
Insomma, l’eletto del M5S … sta!
Dopo di lui, “il diluvio” … del resto, la riluttanza a dare la parola agli iscritti (Piattaforma Rousseau) non è tipica dei Di Maio, dei Morra, dei Di Battista, dei Fico o delle Taverna, oramai candidati a un lungo futuro politico, ma dei “peones”: non rieletti adesso, nessun futuro.
Non escluderei neppure che un’alleanza (un accordo, un contratto, un compromesso, oramai i sinonimi li abbiamo esauriti) effettivamente impensata e impensabile fra PD e M5S serva soprattutto a blindare un’intesa utile a salvare “le poltrone” in Regione Emilia-Romagna.
Può sembrare assurdo, ma la perdita dell’Emilia Rossa sarebbe un inedito, e avrebbe quindi conseguenze simboliche maggiori che perdere il Governo Nazionale (già perso più volte): sarebbe il segnale, chiarissimo, d’un declino irreversibile.
Last but not least: affrontare Bibbiano senza aver conservato le “poltrone regionali” determinerebbe una situazione di debolezza, tale da far emergere il caso in tutta la sua gravità.
(Bibbiano è, e rimane, aldilà della retorica garantista, una spina nel fianco.)
Insomma: la LEGA ha grossolanamente sbagliato il calcolo delle “poltrone”, ma non è escluso che possa rifarsi in seguito, a causa della conflittualità fra M5E e PD (ammesso che facciano effettivamente il Governo). Sarebbe tuttavia una prospettiva assai difficoltosa: l’Europa e lo Spread creeranno ponti d’oro per Conte (che sta diventando oltretutto sempre più scaltro), e quindi il Governo Giallo-Rosso avrebbe comunque dei trofei da esibire all’elettorato.
Il M5S deve decidere fra “poltrone subito”, gradite ai “peones”, e “poltrone future”, per i Dirigenti più noti. La scelta non sarà facile, e presumibilmente dilanierà il Movimento, che alla fine di questo processo si ritroverà ad essere a tutti gli effetti un partito come gli altri (“perdita della verginità”, come hanno scritto alcuni).
Il PD appare messo meglio: la base è tradizionalmente iper-tollerante verso i suoi Leader … parte dell’opinione pubblica non perderà occasione per intonare il “meglio questo che Salvini al Governo” … eventuali scissionisti, da Calenda a Renzi, avranno vita breve, come dimostra del resto tutta la vicenda del PCI-PDS.DS-PD: Sinistra Arcobaleno defunta, SeL defunta, Lista Tsipras defunta, La Sinistra defunta, LeU sempre più marginale.
Del resto, quando si parla di “poltrone”, sono tutti interessati e motivati, ma il PD rimane l’unico vero esperto.
(Non è né un elogio, né una critica. E’ un fatto.)
Gianfranco Domizi