Il mondo delle idee può essere schematizzato sommariamente nel modo seguente:
- a) alla base, le CERTEZZE (o, per meglio dire, le “certezze provvisorie”) della scienza, accompagnate, per quanto riguarda l’uomo comune, dalle EVIDENZE della vita quotidiana: ad esempio, se si armeggia per cambiare una ruota, si dovrà arrivare al risultato voluto, ma è parimenti evidente che l’automobile dovrà rimanere in equilibrio, evitando di franarci addosso per il collasso improvviso del cric;
- b) in mezzo, le OPINIONI che ci facciamo su ciò che vediamo, ascoltiamo e leggiamo, le quali, se vengono più volte verificate e validate nel tempo, diventano CONVINZIONI;
in alto, le CREDENZE, che sono sostanzialmente immotivate ed inverificate (il “Credo quia absurdum” di Tertulliano, ovvero “Credo proprio perché è assurdo”) …
… ma la loro arbitrarietà (qualcuno crede in qualcosa, altri crederanno altrettanto legittimamente in qualcosa di segno diametralmente opposto), se soggettivamente scambiata per “certezze”, non impedisce che diventino una base del pensiero; il regno delle credenze è ovviamente la Religione, ma esiste una parte di Politica e Cultura che fa affidamento, senza saperlo, su di esse: la definirei, marxianamente, IDEOLOGIE, sulle quali (e contro cui) verte la maggior parte dei miei articoli e delle mie argomentazioni contenute in Pòlis.
Secondo la mia schematizzazione, esistono insomma 6 distinti (ma interrelati) prodotti del pensiero, collocati su 3 diversi strati: a) CERTEZZE ed EVIDENZE; b) OPINIONI e CONVINZIONI; c) CREDENZE e IDEOLOGIE.
L’ “invasione” di Credenze e Ideologie all’interno dell’Opinione produce un effetto che stigmatizzavo nel numero del 15 Giugno, ovvero la perdita di una fondamentale libertà per l’individuo, per la società e conseguentemente per la democrazia: la libertà di cambiare opinione.
E così concludevo: nel Novecento, non ci si è limitati a votare per Comunisti, Socialisti, Democristiani, Fascisti (“missini”), salvo poi cambiare legittimamente opinione, in caso di comportamenti e performance non all’altezza, da parte dei Partiti e degli Eletti.
Si era (!) Comunisti, o Socialisti, ecc. (“appartenenza”), ed in molti casi lo si era per sempre (!), a dispetto dei fatti (“identità”). (…) solamente ora, nel Terzo Millennio, cominciamo a vedere quella fluidità di pensiero, opinione e adesione che consente ad un Partito, da una votazione all’altra, di guadagnare o perdere anche 10 punti percentuali, per giudizio del “popolo”, della “gente” (o quantomeno dei votanti) su comportamenti e performance.
Ebbene, il fatto che si rimanga della stessa idea (politica, ma non solo), a dispetto degli avvenimenti, dovrebbe in teoria gettare discredito nei confronti di chi ritenga di dover pensare in questo modo: sia perché “non si accorge” degli eventi, sia perché “non vuole” accorgersene, sia perché, assai poco democraticamente, si rifiuta di parlare con chi, invece, quegli eventi “li ha visti”, e possiede pertanto una diversa convinzione, parimenti legittima, e sarebbe in grado di descriverla.
In molti casi, e purtroppo generalmente a Sinistra, le persone che hanno visioni alternative vengono tacciate aprioristicamente di “ignoranza” (troverete una dissertazione all’interno della Rubrica “Costume e Società”), vengono definite “manipolabili” (quindi “stupide”, ma non sarebbe “corretto” parlare in questo modo); o, se è palesemente impossibile definirle “ignoranti”, si virerà verso il peggio: “traditori”.
L’accusa di “tradimento” è infrequente, se il cambiamento di opinioni e convinzioni avviene da Destra verso Sinistra: il PCI imbarcò molti fascisti, a cui arrise, forse proprio perché “pentiti”, ed oramai convinti di “stare dalla parte giusta”, una fulgida carriera di Partito, da Napolitano, a Ingrao, a Nilde Iotti; di fronte a quest’esodo, a volte anche un po’ affannoso e ridicolo, il MSI oppose solamente una fiera difesa della propria identità, per molti anni;.
L’accusa di “tradimento” è invece conclamata se il percorso è in direzione contraria, o se semplicemente si prendono le distanze dalla Sinistra.
Ben noti i casi di Massimo Caprara …
… e di Giampaolo Pansa:
https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/pansa-partigiani-terroristi-odio-social/ .
Il fatto è che gli ultra55enni hanno ottimi motivi personali per difendere a volte l’indifendibile, e già ne ho scritto:
https://www.lintelligente.it/2018/11/15/la-generazione-orribile-parte-prima/ ;
https://www.lintelligente.it/2018/12/01/la-generazione-orribile-seconda-parte/ .
Incide l’idea secondo cui un deciso cambiamento di rotta toglierebbe senso alla vita condotta fino alla maturità, ma anche una sopravvalutazione della “coerenza personale” rispetto al “riesame dei fatti”. Della “coerenza”, insomma, si fa vanto, del continuare a studiare, invece, NO.
Ma possiamo seriamente definire “coerenza” il mantenimento di un’opinione degenerata in credenza ideologica e para-religiosa, grazie all’intento, in parte consapevole ed in parte non, di escludere l’universo dei nuovi eventi e della riconsiderazione storica degli eventi dalla riflessione?
I giovani, per altri versi, hanno bisogno di esprimere odi epidermici ed epidermici fastidi verso ciò che non quadra con le loro ideologie.
A mia memoria, quelli che danno del “rossobruno” a Costanzo Preve, brillante filosofo di estrazione marxista, ovvero lo considerano un “rosso” troppo aperto alle opinioni del “bruno” (dei fascisti), non ne hanno mai letto neanche una pagina, e si fidano dell’opinione di qualche membro della “generazione orribile”.
Pansa è fra i viventi: morti Caprara, Costanzo Preve, ed anche Lucio Colletti, vorrei spendere su quest’ultimo qualche parola finale, ribadendo il concetto di “furore ideologico” (immotivato), tipico spesso dei giovani.
Anch’io lo sono stato (giovane e furente), e all’epoca degli studi universitari perfezionai la mia conoscenza del pensiero di Marx, già iniziata al Liceo, avvicinandomi alla corrente marxista dellavolpiana-althusseriana …
… una corrente di studi che, pur potendo essere definita “estremistica”, ed era anzi ben radicata all’interno dei Partiti Comunisti Italiano e Francese, rivitalizzava suggestioni “scientifiche” e “rivoluzionarie”, che si erano invece annacquate nel pensiero corrente dei Dirigenti del Partito, influenzati maggioritariamente dall’interpretazione retorica e rituale (“storicistica”) di Antonio Gramsci.
Colletti era per l’appunto l’allievo più brillante di Galvano Della Volpe, finché “improvvisamente”, nel 1974, non cambiò idea (nessuna evoluzione del pensiero avviene “improvvisamente”: si tenta di resistere impugnando convinzioni preesistenti, finché, se si vuole guardare ed ascoltare, la realtà presenta il conto): http://www.repubblica.it/online/politica/colletti/colletti/colletti.html .
Oggi posso dire di aver letto golosamente Colletti fino al libro del “tradimento”, “Intervista politico-filosofica” (Laterza), per l’appunto del 1974 (letto con interesse, nonostante il fastidio che mi procuravano certe pagine), e poi, stupidamente, di non averlo letto mai più. Anzi, all’Università di Roma, riuscii a litigare con un professore suo allievo, il peraltro non memorabile Giuseppe Bedeschi (e fu l’unico caso “plateale”, all’interno dei miei studi).
Insomma, l’opinione a volte trova sistematizzazione coerente all’interno di una convinzione (a seguito, dicevo, di ripetute verifiche), ma a volte “si cristalizza” in essa, soltanto perché non si vuole vedere, non si vuole ascoltare e capire, e ci si “accontenta” del “credo”, ovvero dell’ “ideologia”.
Che poi chi faccia quest’operazione si creda un ribelle o un rivoluzionario (mentre il Super-Io lo obbliga a mantenere immutata l’opinione a dispetto dei fatti sopraggiunti) aggiunge un aspetto risibile a un tema, quello della conoscenza e dei suoi costituenti, che è, e rimane, invece serissimo, e per questo non cesserà mai di interessare.
Gianfranco Domizi