Giorgio Gaber (1939 -2003) è stato un grande artista popolare.
Ha scritto e cantato brani intensi, malinconici, divertenti, sarcastici, sempre con gran classe e grande originalità musicale, e dopo essersi ritirato dalle apparizioni televisive (1970) ha portato in giro per l’Italia importanti ed insuperati spettacoli di Teatro Canzone.
Ma io credo possa essere definito come un intellettuale tout court, giacché le sue idee e le sue provocazioni (partorite, per quanto riguarda i testi, insieme all’amico Sandro Luporini, 1930-vivente), si iscrivono nella migliore tradizione del non diffusissimo anticonformismo italiano (Malaparte, Flajano, Pasolini, Berselli, Massimo Fini, Costanzo Preve) …
… e possiedono inoltre un respiro europeo (citerò solamente il filosofo tedesco Theodor Adorno, 1903-1969. con cui Gaber appare particolarmente in linea).
Considerando l’importanza del personaggio, non potevano mancare i “gaberiani”, fra cui il “trendyssimo” giornalista Andrea Scanzi, con lo spettacolo “Gaber se fosse Gaber”, e, “si parva licet”, Cesare Cremonini:
Se trattasi di “omaggi”, ben vengano!, ma pensare che Scanzi, Cremonini o chiunque altro possano essere dei “continuatori” è quantomeno temerario.
Dalla variegata produzione di Gaber, vorrei estrarre un concetto (che è contemporaneamente “uno” e “trino”): a mio parere, Gaber ha saputo giocare sugli opposti e sui contrari (IL concetto), declinandoli nella triplice forma (TRINO) dell’ossimoro, della critica e della contraddizione.
L’OSSIMORO è una figura retorica consistente “nell’unione sintattica di due termini contraddittori, in modo tale che si riferiscano a una medesima entità. L’effetto che si ottiene è quello di un paradosso apparente; per es.: lucida follia” (Treccani.it).
Gaber condivide con Adorno, Pasolini e Massimo Fini l’idea di un “progressismo anti-modernista” (adopero termini miei per descrivere l’ossimoro).
E’ infatti convinto che l’evoluzione della civiltà euro-americana abbia prodotto una “liberazione fittizia” (idem), entro cui vengono sacrificati aspetti importantissimi della vita umana: dalla profondità della vita di coppia (“Il Dilemma”, 1981-1982) …
http://testicanzoni.mtv.it/testi-Giorgio-Gaber_28896/testo-Il-dilemma-2304897 …
… alla possibilità stessa di tramandare alle generazioni successive il senso dei tempi che stiamo vivendo (“Non insegnate ai bambini”, postumo, 2003):
https://www.rockit.it/giorgiogaber/canzone/non-insegnate-ai-bambini/125610 .
In realtà, Gaber non nasce “anti-modernista”.
Al Celentano che chiedeva a se stesso, e a tutti noi: “perché continuano a costruire le case e non lasciano l’erba” (“Il ragazzo della via Gluck”, 1966), rispondeva: “E’ ora di finirla di buttar giù le case per fare i prati, cosa interessano a noi i prati? Guarda quello lì, doveva sposarsi, gli han buttato giù la casa, è chiaro, non può più sposarsi. Roba da matti. Io non capisco perché non buttano giù i palazzoni del centro, quelli lì si che disturbano, mica le case di periferia” (mini-monologo finale de “La risposta al ragazzo della via Gluck”, ugualmente 1966).
Ma attenzione!, non è corretto dire che Gaber “risponda” a Celentano.
Semmai, lo chiosa, introducendo una semplice e raffinata distinzione “di classe”: quella fra Centro e Periferia …
… fino ad arrivare, tre anni dopo (1969), a una satira oramai evidentemente schierata contro i miti del progresso.
In prima serata, e nella trasmissione principe di RAIUNO, “Canzonissima”, “Com’è bella la città”:
https://www.youtube.com/watch?v=gdjMhkgEePA .
La CRITICA gaberiana della “libertà fittizia” si incentra prioritariamente nella considerazione secondo cui, se si volesse, all’opposto, accedere a una “libertà sostanziale” (sempre termine mio), ci sarebbe bisogno di “partecipazione”, e, forse, di “partecipazione diretta”: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione!” (“La libertà”, 1972-1973).
E’ proprio il riferimento al “moscone” ad introdurci al tema correlato dell’esistenza di forme di libertà che sono, però, totalmente estemporanee, e capaci pertanto di produrre una proliferazione di comportamenti apparentemente liberi, ma in realtà destituiti di valore e significato: “Si può … io mi vesto come mi pare … sono libero di creare … son padrone del mio destino … ho già il nuovo telefonino … occuparsi di agriturismo … fare il tifo per il buddismo … con un gioco televisivo, inventare ogni giorno un divo (“Si può”, 1976).
Le CONTRADDIZIONI evidenziate da Gaber sono in prima istanza “vizi” del singolo descritti con impagabile ironia.
“Il conformista” è uno che, dopo aver percorso opinioni e ideologie in tutti i possibili sensi e versi, finisce ritrovarsi completamente inessenziale ai processi reali.
E pertanto “sfiora il mondo con un dito e si sente realizzato, vive e questo già gli basta”.
https://www.youtube.com/watch?v=GT3ne_HbVqc .
Ma da questa condizione, non possiamo trarcene fuori attraverso un “superomismo alla Battiato”: “quante stupide galline che si azzuffano per niente”, perché il conformista “oramai somiglia molto a tutti noi”.
Le contraddizioni, insomma, non si esauriscono nella mediocrità individuale, ma coinvolgono l’intera società: comunisti ed ex-comunisti: https://www.youtube.com/watch?v=wQslsdTn15M … militanti di Destra e di Sinistra convinti di dover “ideologizzare” ogni aspetto, anche il più minuto, della società contemporanea: https://www.youtube.com/watch?v=kZHvXtl4KY0 … “buonisti”: https://www.youtube.com/watch?v=gomQ7IOZK2U .
Alle contraddizioni della società non possiamo sottrarci, neanche volendo: “Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”: https://www.youtube.com/watch?v=5M7OnukqHxg .
(Per quanto riguarda gli ultimi 5 link, i primi quattro fanno riferimento a “La mia generazione ha perso”, 2001, il quinto a “Io non mi sento italiano”, postumo, 2003; entrambi i CD contengono brani inediti e brani ripresi dalla discografia precedente; anche per questo, possono essere considerati il testamento, ed anche la “summa”. dell’artista.)
Mentre però si consuma questa “appartenenza contraddittoria” nei confronti del Comunismo, della Sinistra, dell’Italianità stessa, della Libertà e della Democrazia (se retoricamente e ritualmente intese), nell’ultimo album pubblicato in vita, “La mia generazione ha perso”, 2001, Giorgio Gaber sente il bisogno di rieditare un brano del 1994: “La canzone dell’appartenenza” …
… e lasciarci con un verso denso di significati antichi, moderni e forse futuri: “L’appartenenza è avere gli altri dentro di sé”.
Inesauribile Gaber …
Gianfranco Domizi