Il 25 novembre scorso è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha come fine quello di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alla violenza domestica.
Tantissime sono state le manifestazioni che si sono svolte sia in Italia, sia in altri Paesi di tutto il mondo, eppure (e i numeri lo confermano, solo in Italia da inizio anno le donne uccise per “amore” sono già più di 70) nonostante i notevoli sforzi compiuti negli ultimi decenni, la violenza domestica non tende a diminuire, anzi…
Le proposte fatte dalle associazioni e dagli addetti ai lavori sono tante. Tra quelle più frequenti, ricordiamo la richiesta di creare leggi che potenziano la vigilanza sui soggetti violenti già segnalati. Certo, chiedere la massima attenzione da parte delle Istituzioni preposte sarebbe auspicabile, ma al di là della disputa giuridica, pensare veramente che le Forze dell’Ordine possano sorvegliare o recludere tutti i potenziali assassini di un Paese è una vera follia.
Un’altra proposta che viene tanto spesso suggerita è quella di far fare ai maschi dei corsi di formazione-sensibilizzazione, in modo tale da creare una sorta di “anticorpo contro la violenza sulle donne”. Anche questa lodevole iniziativa in termini di risultati ha comportato una profonda delusione. Infatti, come conferma la letteratura in materia psicologica e psichiatrica, i soggetti che presentano i comportamenti più problematici sono proprio quelli meno inclini a mettersi in discussione, e pertanto i corsi o dovrebbero essere obbligatori per tutti i maschi (possibilità irrealizzabile), oppure gli unici veri destinatari di queste “formazioni” diventerebbero pensionati, studiosi del settore e curiosi: coloro che in pratica non ne avrebbero bisogno.
Ma allora, oltre all’informazione, è veramente impossibile fare qualcos’altro di concreto? Difficile sì, ma non impossibile e le donne potrebbero dare un contributo determinante in questa battaglia contro la violenza.
In ogni società che si rispetti, la donna ha sempre rappresento il fulcro del cambiamento ideologico.
I bambini trascorrono più tempo con le madri che con i padri, più tempo con nonne e zie che con nonni e zii, ed è per questo che proprio dal gentil sesso apprendono la maggioranza delle modalità comportamentali. Ecco il motivo per cui il messaggio educativo che si deve far passare è che la violenza non può mai essere né tollerata, né giustificata.
A questo punto, se il lettore sta pensando che il concetto appena espresso sia ovvio, lo invito a fare le seguenti riflessioni.
Quanti di noi sostengono che le punizioni corporali (un ceffone, uno sculacciata) siano ottimi strumenti educativi utilizzati dalle mamme?
Quanti di noi non si indignano quando un bimbo dopo una marachella si becca un bello sculaccione?
Non a caso sociologi e psicologi fanno notare che i bimbi che picchiano i fratellini o le sorelline più piccoli, subiscono a loro volta punizioni corporali. E allora come mai proprio noi che siamo contro la violenza di genere (e generale) tolleriamo che questa sia estrinsecata proprio verso i bambini, che sono senza ombra di dubbio la categoria più fragile in assoluto?
Quando un genitore dà uno schiaffo a suo figlio, invia un triplice messaggio negativo:
- manifesta un senso di frustrazione;
- insegna che la violenza è uno strumento tollerabile se non addirittura necessario per correggere comportamenti indesiderati o non condivisibili da chi ama;
- insegna che la violenza può essere esercitata come funzione educativa da un soggetto più forte per nei confronti di un altro più fragile.
Niente e nessuno invece deve mai poter giustificare la violenza!
Questa è una regola che non vede eccezioni neppure quando a legittimarla è un’esigenza pseudo-educativa. Un bambino percosso, da adulto ha maggiori possibilità di commettere atti di violenza, se non addirittura omicidi, rispetto ad un suo coetaneo che non ha mai subito punizioni corporali. Questo sì che è il dato che deve farci riflettere.
Certo, se pensassi di poter risolvere il problema del femminicidio eliminando le “sculacciate” ai bambini, sarei più utopista di coloro i quali credono che una legge possa essere sufficiente a risolvere una piaga tanto radicata. Tuttavia se pur personalmente non sono in grado di affermare che un’eventuale interiorizzazione globale di questo elementare concetto possa rivelarsi più utile della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ho buone ragioni per ritenere che, l’inequivocabile e sistematico rifiuto verso ogni forma di violenz compresa quella a scopi educativi, rappresenta una misura precauzionale valida ed efficace verso qualsiasi forma di sopruso.
Antimo Pappadia