Dom. Nov 24th, 2024

Nel numero precedente, ho definito scherzosamente (ma non troppo!) “Generazione orribile” quella dei nati in Italia fra il 1946 ed il 1964, ovvero i cosiddetti “baby boomers” (boom demografico, grosso modo corrispondente, come del resto è logico, ad eventi positivi e “incoraggianti” dal punto di vista economico: “ricostruzione” e “boom economico”).

Si tratta pertanto dei Sessantenni attuali (fra cui me stesso), ovvero quelli che “hanno fatto gli anni Settanta” … e dei Settantenni attuali, ovvero quelli che “hanno fatto il Sessantotto”. L’idea di “aver fatto” un periodo storico è intrinsecamente ridicola.Io ho scritto dei volantini e dei manifesti neanche tanto male, considerando il tono inutilmente “gridato” dell’epoca, specialmente nell’ambito del mio schieramento iniziale: l’Estrema Sinistra, con passaggio seguente al Partito Comunista Italiano nel 1979, quando “gli anni Settanta” erano ormai stati archiviati, con tutto il loro carico di morti, a causa del terrorismo e di altri eventi letali …… ho partecipato a numerose assemblee, dicendo, come tanti, la mia … ho dato il mio modestissimo contributo a una mezza dozzina di scazzottate … ho addirittura parlamentato con un Funzionario di Polizia, che giocava a fare il “buon padre di famiglia”, agli inizi di una manifestazione che si preannunciava insidiosa e pericolosa … ma ciò è sufficiente ad “aver fatto” gli anni Settanta? Mah! Per comprendere meglio la fenomenologia dei Sessantenni (anni ’70) e Settantenni (’68) attuali, può essere utile ricordare ciò che dice di sé Massimo Fini, nell’ottimo “Il Conformista – Contro l’anticonformismo di massa” (Marsilio, 1990), che raccoglie scritti del periodo 1979-1990, ed in particolare nell’articolo “La generazione mancata”, originariamente pubblicato su “Il Giorno”, nel 1983:

“Ho quasi quarant’anni e dicono che la mia è stata una ‘generazione mancata’. Ma poiché questo si dice di tutte le generazioni, non significa granché. Avevo un anno quando è finita la guerra. Non ho fatto la Resistenza. E, per decenza, non ho potuto neanche fingere di averla fatta come invece molti miei fratelli di poco maggiori i quali sono stati tutti, come minimo, staffette partigiane. Così la mia esistenza è stata solcata da gente che mi diceva: ‘Io ho fatto la Resistenza, io ho fatto l’Antifascismo, io ho fatto la Guerra’. E avevano l’aria di rimproverarmi perché io tutte queste cose non le avevo fatte. Per molti anni ho vissuto in stato di inferiority complex. Solo tardi, troppo tardi, ho capito che l’Italia è il paese del ‘garibaldinismo’, degli ‘antemarcia’, del ‘reducismo’ e che i ‘resistenziali’ non erano migliori degli altri. (…). Nel Sessantotto ero già troppo vecchio e disincantato per lasciarmi andare all’euforia. Questo mi evitò alcune cantonate, ma mi tolse anche l’unico momento di vitalità che le giovani generazioni abbiano avuto nel dopoguerra”.

https://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_Fini ;

https://www.macrolibrarsi.it/libri/__il_conformista.php .

Esisterebbe, pertanto (ed io concordo) una “scansione delle generazioni” che va dai “resistenziali”, nati grosso modo fino al 1930, alla “generazione mancata”, di cui fa parte Fini (1930-1946), per approdare alla “generazione orribile” (che è la mia: 1946-1964).

“Orribile” per come trattò i padri, brandendo in modo improprio Cultura e Media, Musica ed Università, in nome del sopravvalutatissimo Sessantotto (in fondo i padri “incolti” che cosa avevano fatto?, “robetta” come la “ricostruzione”, il “boom economico”, la presa di posizione rispetto ai fatti d’Ungheria del 1956, la ribellione contro il Governo Tambroni e il neofascismo nel 1960; un occhio di riguardo venne mantenuto solamente verso i “resistenti”, ma quasi esclusivamente per quelli “comunisti”).

Orribile per come tratta tuttora figli e nipoti, che, “ovviamente”, non potranno mai raggiungere le vette di quegli anni (dicevo in proposito che il più piccolo dei miei figli, ventenne, nonostante sia già un discreto musicista, continua a dare più credito ai Rolling Stones, ai Led Zeppelin e ai Deep Purple, che alla musica successiva, di cui io, invece, mi interesso attivamente!).

Ed ulteriormente “orribile” per essere stata “premiata” in tutti i modi pensabili (ad esempio con incarichi nei Media e nell’Università assolutamente sproporzionati rispetto a capacità e competenze), a differenza, e a scapito, delle generazioni successive.

Il “sistema premiante” comincia ad esaurirsi, a dire il vero, già negli Anni Settanta.

Ciò rappresentava forse uno dei motivi per cui anche chi era del tutto contrario al Terrorismo, indulgeva spesso verso posizioni politicamente temerarie ed inutilmente “gridate”.

Era la frustrazione per il tanto manifestare, ottenendo questa volta (forse a sorpresa) pochissimo.

Sostenevo perciò, nella Prima Parte dell’Articolo, che “il mito della continuità fra Sessantotto ed anni Settanta, costruitosi sulla base di riti e liturgie auto-perpetuantisi (Musica, Assemblee, Manifestazioni, Occupazioni) dovrebbe, a mio parere, essere ‘storiograficamente rivisto’, proprio a partire da questo concetto dell’ ‘indisponibilità progressiva di risorse’.

Si fecero ‘figli e figliastri’, all’interno della stessa GENERAZIONE ORRIBILE”.

Nondimeno, nella “vulgata”, Sessantotto ed Anni Settanta si somigliano tantissimo, a causa di una percepita unitarietà fra ribellione giovanile, Femminismo e “battaglie civili”, a partire da Divorzio e Aborto:

https://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_abrogativo_del_1974_in_Italia ;

https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_22_maggio_1978,_n._194 .

 

Ho già parlato, proprio per questa rubrica, della sopravvalutazione del Sessantotto. Ed esonda da questa scritto una ricognizione sistematica su cosa, all’interno del Femminismo, sia “vivo”, sia “morto”, o sia “bisognoso di ulteriore riforma e attenzione” 40-50 anni dopo.

L’impressione generale è che l’impatto sul “costume” e sulle “libertà civili” sia stato importante, ma il risultato per eccellenza tipico della Sinistra (il miglioramento del tenore di vita delle classi popolari) sia stato grossolanamente mancato.

Ed anzi, la fine della famiglia tradizionale, senza che nascesse contemporaneamente qualcosa di validamente sostitutivo, sta attualmente abbandonando uomini e donne ad una sostanziale solitudine, di cui si avvantaggiano le tendenze più aggressive e deregolamentate del mercato del lavoro.

Per dire: un padre entro una famiglia stabile e tradizionale avrebbe fatto di tutto per avere un lavoro stabile e tradizionale; un “padre separato” attuale accetterà qualsiasi “lavoretto”, precario e sfruttato, per sbarcare il lunario, ed adempiere a quello che il Giudice gli impone…

… chi si avvantaggia di tutto ciò non è lui, non è neanche, se non limitatamente, la famiglia (ammettendo di poter chiamare ancora “famiglia” un luogo da cui si viene estromessi per Decreto dello Stato), ma ovviamente chi gli fornisce il “lavoretto”.

L’ulteriore sensazione negativa è data dal fatto che oltre 40 anni di battaglie per i “diritti civili” servano OGGI a perpetuare una stanca legittimazione della stanca Sinistra esistente

Essa sembra oramai totalmente impegnata a giustificare la sua funzione, inseguendo temi anche lodevoli, ma spesso ultraminoritari, pur di non ammettere con se stessa, con i suoi “militanti” e con i suoi elettori di essere oramai TOTALMENTE CAPACE DI INTERVENIRE SUL CONTESTO ECONOMICO, essendo quest’ultimo totalmente cambiato rispetto agli anni Sessanta e Settanta, e più in generale rispetto al secolo scorso e allo scorso millennio.

Su questi temi, interviene l’ottimo Costanzo Preve, dal suo osservatorio “marxista” e “post-marxista” (nonché di “generazione mancata”, essendo nato nel 1943, come Massimo Fini):

“L’esperienza degli ultimi quaranta anni (1968-2008), un periodo storico abbastanza lungo per permettere già un bilancio di fondo, dimostra (che) … il capitalismo ha liberalizzato il costume, ha contrastato razzismo, omofobia, maschilismo ed antisemitismo (…), e nello stesso tempo ha creato una società oligarchica in cui le diseguaglianze sociali sono molto maggiori, provocatorie e schifose di quaranta anni fa. (…). La generazione intellettuale europeo-occidentale, che nel cruciale decennio ideologico 1975-1985 ha smantellato la visione classista ed anticapitalistica della società per intronizzare al suo posto lo svaccamento postmoderno, al potere nei tre apparati del ceto politico, del circo mediatico e del clero universitario. (…) Alle estreme periferie della società, silenziati e pressoché invisibili, ci sono bensì dei Dissidenti del Politicamente Corretto (con “Politicamente Corretto, Preve definisce sinteticamente la tendenza della Sinistra contemporanea a rinunciare ad attaccare le “disuguaglianze sociali”, a vantaggio della “liberalizzazione del costume”: vedi sopra, NdR), puniti con l’irrilevanza pubblica, ma essi non sono organizzati in tendenza culturale omogenea, e ci sono poche speranze che una simile organizzazione possa avvenire presto. È anche normale che sia così. Un giovane che volesse prendere parte a questa organizzazione verrebbe immediatamente colpito con l’interdetto all’accesso al ceto politico, al circo mediatico ed al clero universitario”.

(Per una lettura completa, ma purtroppo non agevole per chi non abbia dimestichezza con la Filosofia, si veda il link seguente, che porta utilmente “on line” uno scritto di Preve del 2010 sul “Politicamente Corretto”:

https://www.sinistrainrete.info/teoria/6905-costanzo-preve-contro-il-politicamente-corretto.html .)

Resta da dire una cosa: non intendo sminuire l’importanza delle battaglie per i “diritti civili” (sarebbe stupido, ed anche ridicolo, giacché del Divorzio usufruisco personalmente!, e sarebbe stata una tragedia personale se non fosse esistito).

Esse tuttavia non sono “di Sinistra”, ma dell’intera società, e quindi appannaggio potenziale di tutti i Partiti riformistici, come dimostra, del resto, il fatto che la Legge fu proposta da un Socialista e da un Liberale (sic!), e poi difesa, contrastando il “referendum abrogativo”, per impulso culturale prevalente del minuscolo Partito Radicale.

Il PCI fu inizialmente più prudente, probabilmente nel timore di irritare il proprio elettorato “di massa”, spesso “comunista” ed anche, contemporaneamente, “cattolico”.

E coloro che se ne intestano la discendenza, a partire dal PD, dovrebbero oggi, io ritengo, usare la medesima “prudenza” per non irritare gli sconfitti economico-sociali di qualsiasi tipologia, ciò che puntualmente invece avviene quando mostrano nei fatti  che qualsiasi obiettivo del Politicamente Corretto (per dirla “alla Preve”) viene sistematicamente PRIMA della trasformazione della società in direzione del superamento delle diseguaglianze.

(Tanto per intenderci, Salvini l’ha creato, e continua a crearlo, con raro masochismo, la Sinistra italiana.)

L’obiettivo “marxistico”, e poi via via della Sinistra, dell’Ecologismo, del Sessantotto, del Femminismo, degli Anni Settanta, era quello di “cambiare il mondo”.

Ciò che era stato “costruito” (e probabilmente sopravvalutato) negli Anni Sessanta e Settanta doveva pertanto essere ulteriormente sviluppato e consolidato …

non smantellato ad opera prevalente degli stessi “costruttori”!

Se così avvenisse (sta avvenendo …) definire “orribile” la nostra generazione sarebbe davvero un eufemismo.

 

Gianfranco Domizi

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