“Lasciate ogni preoccupazione o voi che entrate”
Questa frase si legge su alcune riviste che citano il borgo di Castellaro Lagusello, in provincia di Mantova, con la sua atmosfera d’altri tempi quieta e sognante, il castello con l’alta torre dell’orologio, il borgo intatto, le osterie e quel suo meraviglioso laghetto a forma di cuore.
Come tutti i castelli che si rispettino, anche Castellaro si anima, all’improvviso, nei suoi cortili, nelle piazze, nei vicoli e, mirabile dictu , sulle mura degli antichi palazzi e perfino della sua torre che diventa scenario di acrobazie mozzafiato.
Ciò avviene ogni anno a settembre, e questo è il suo 23° anno, quando proprio qui si svolge il Castellaro Buskers festival, un’iniziativa che attrae migliaia di visitatori e che vede esibirsi, negli scorci più suggestivi del borgo, artisti di strada che sanno stupire e meravigliare con le loro acrobazie, giochi di prestigio, magie di fuoco, illusionismo.
Una gran festa fatta di suoni e profumi, che saziano pancia e cuore.
Ed è qui che ogni anno io ritorno, per quel sapore d’altri tempi che in ogni angolo si respira.
Ha una storia antica questo borgo: il castello risale infatti al 1100-1200; fondato dagli Scaligeri, ha fatto parte a lungo di controversie tra Verona e Mantova per la sua posizione strategica. Solo nel 1400 la Repubblica di Venezia se ne è appropriata per circa 200 anni, per poi venderlo ad una famiglia nobile. L’impianto del castello era suddiviso in due parti, una a nord con ponte levatoio e una a sud verso il lago.
A me piace, ogni volta che vi ritorno, percorrere tutto il borgo. Talvolta immagino di incontrare qualche dama del passato, venuta qui in visita al castello in occasione della festa, come la poetessa Compiuta Donzella , vissuta a Firenze nel XIII secolo, e la sento recitare qualche strofa di un suo sonetto intriso di malinconia, ma che ha sapore di denuncia:
la franca gente tutta s’innamora,
e di servir ciascun trag[g]es’ inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n’abondan mar[r]imenti e pianti.
Ca lo mio padre m’ha messa ‘n er[r]ore,
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,
Oppure immagino di passeggiare insieme alla colta e famosa cortigiana Veronica Franco mentre sfoglia il libro “ La città delle dame”, di Christine de Pizan ( 1365-1430), veneziana anche lei, ma vissuta in Francia, scrittrice e poetessa che, con l’aiuto di un padre illuminato, che la volle istruita , si oppose con i suoi scritti all’ esclusione femminile dal sapere e al dominio arrogante della cultura maschile
Ne legge poi alcune frasi, piena di ammirazione:
“Ahimè, mio Dio, perché non mi hai fatto nascere maschio? Tutte le mie capacità sarebbero state al tuo servizio, non mi sbaglierei in nulla e sarei perfetta in tutto, come gli uomini dicono di essere.”
“Una donna intelligente riesce a far di tutto e anzi gli uomini ne sarebbero molto irritati se una donna ne sapesse più di loro.”
A queste parole sento aleggiare su di me lo spirito di tutte quelle donne che nel libro “La città delle dame” hanno respirato la straordinarietà: sante, eroine, poetesse, scienziate, regine, filosofe, intellettuali che vivono in una città fortificata e costruita secondo Ragione, Rettitudine e Giustizia.
Potere della suggestione di questo luogo, che mi fa volare lontano, catapultata in un passato che ancora mi parla, mentre intorno a me gira una giostra festante e umanissima. Qui, nel cuore di Castellaro Lagusello.
Annabruna Gigliotti