My heart is not here
My heart’s in the Highlands, my heart is not here,
My heart’s in the Highlands, a-chasing the deer,
Chasing the wild-deer, and following the roe,
My heart’s in the Highlands, wherever I go.
Vi sembrerà strano eppure questi sono i versi che si sono poggiati sulle mie labbra, dopo un volo di tanti anni, dal tempo del quinto ginnasio al liceo Genovesi di Napoli, non appena davanti ai miei occhi si è aperta la Valle di Viso, vicino a Ponte di Legno, con le sue casette in pietra viva e il ruscello che attraversa il paese che dalla valle prende il nome di Case di Viso.
I versi su citati appartengono alla poesia di Robert Burns “My heart’s in the Highlands” che al ginnasio mi fecero imparare a memoria e che nel mio cuore ha trovato dimora, vi è rimasta e, per quella sua particolare vena nostalgica, mi si è incatenata alle vene in un per sempre indelebile.
Eh sì, perché funziona così la memoria di una poesia: prima ti entra dentro volente o nolente, imposta o desiderata, poi rimbalza qua e là come una canzone che si canticchia sottovoce. Alla fine si scava una nicchia da cui di tanto in tanto esce per prendere aria, per poi rientrare e assopirsi di nuovo.
La mia insegnante di inglese amava il Burns, poeta e compositore scozzese, nato nel 1759 ad Alloway , il più noto tra quanti scrissero versi in lingua scots.
Il Burns aveva la capacità di sviluppare storie verosimili da brevi frammenti di vecchie canzoni scozzesi, come per “My heart’s in the Highlands” , di cui solo due versi (i primi due del ritornello) sono originali, e per la più conosciuta “My love is like a red red rose” (A Red Red Rose) suonata immancabilmente nei matrimoni, interpretata da numerosi artisti di area celtica e non solo.
Lo stesso Burns dice di averla rielaborata da una canzone sentita durante i suoi viaggi nella campagna scozzese.
Beh, mi vien da sorridere, ma funzionava un po’ come per i compositori di oggi: niente si inventa.
Si prende un po’ di qua e un po’ di là. E, tornando alla nostalgia, nel proseguo delle strofe di My heart’s in the Highlands , il paesaggio tanto amato è descritto come visto dall’alto: prima emergono i rilievi montuosi, poi le fertili valli e il bosco selvaggio e infine il poeta si sofferma sui torrenti e le cascate che sono le lacrime di colui che deve partire e sa che non ritornerà.
Ed è proprio questo stesso sentimento, un misto di amore e nostalgia, che ho provato nel trovarmi in quel piccolo borgo alpino, meta turistica, nota specialmente per le abitazioni che conservano immutata la loro architettura originaria in muratura, risalente – per alcune – agli inizi del XIX secolo, e che sono state teatro di una rappresaglia nazista dopo l’armistizio dell’8 settembre.
A fianco delle piccole case scorre il torrente Arcanello, un ramo dell’Oglio, che con l’energia delle sue acque faceva girare le pale in legno di piccoli mulini che a loro volta facevano funzionare le zangole per la burrificazione.
Per rendere ancora più forte e duratura la nostalgia in divenire, non poteva mancare una puntatina al caseificio Bezzi, ricavato da uno dei vecchi piccoli caseifici già esistenti e assaggiare il Silter con i ‘pitoti’ camuni impressi sullo scalzo e ripetere a memoria i versi del Burns con, se mi è concessa, una piccola modifica, ma si sa che a noi poeti, malati di nostalgia, ogni cosa è permessa, anche perché la vera Poesia non ha terra e il poeta ama beccare qua e là nell’Infinito.
E allora:
My heart’s in the Case di Viso, my heart is not here… My heart’s in the Highlands, my heart is not here, My heart’s in the Highlands, my heart is not here
My heart’s in the Highlands, my heart is not here
Annabruna Gigliotti