Notizie di violenza nei confronti delle donne sono oramai all’ordine del giorno.
La violenza di genere, che trova il suo culmine nell’uccisione della donna, è oggetto di considerazioni sociali e politiche nonché di un’attenta analisi psicologica. Nella maggior parte dei casi il cosiddetto femminicidio si presenta come l’ultimo atto di una serie di violenze di tipo economico, psicologico e fisico, talvolta denunciate, altre taciute e occultate.
Da un punto di vista sociale e politico, la causa di queste violenze viene individuata nella tendenza del maschio a considerare la donna una sua proprietà ed al conseguente rifiuto di riconoscerle il diritto di affermarsi come individuo indipendente. Questo perché esiste in realtà un forte scollamento tra la rappresentazione mentale della donna e il ruolo che ella va assumendo nella società. La ragione per cui il fenomeno è in crescita risiede nel fatto che si sta assistendo a un momento di grande mutamento dell’identità femminile, che va sempre più verso l’emancipazione e la libertà, cosa che suscita nell’uomo un vissuto di minaccia del proprio dominio sessista e della propria virilità.
Da un punto di vista psicologico, ogni volta che un uomo diventa violento sta reagendo in maniera inadeguata a un senso di impotenza e fragilità che gli risulta inaccettabile. Un sentimento di umiliazione che deve a tutti i costi controllare. Spesso si tratta di uomini cresciuti in contesti di maltrattamento e umiliazione. Hanno subito o assistito violenze familiari e in condizioni di stress tendono a riprodurre quei comportamenti. Vi è un’importante incidenza anche di eventuali disturbi di personalità, come impulsività psicopatologica, antisocialità, personalità borderline.
D’altro canto anche alla donna che non riesce ad uscire da una relazione violenta o a denunciare, a fuggire e a proteggersi da uomini violenti, che non si mostra in grado di leggere evidenti segnali, va dedicata un’analisi psicologica. Generalmente è una donna con tendenza a sviluppare relazioni dipendenti, che vive in maniera ambivalente la condizione di emancipazione, come se per certi versi non si sentisse pienamente legittimata ad evolversi dal maschio. Accompagna questo vissuto con inconsci sensi di colpa che le fanno sentire quasi come meritate le violente rimostranze del maschio. Talvolta è essa stessa reduce da contesti familiari in cui violenza, gelosia e possesso sono confusi e identificati con sentimenti di amore.
In ogni essere umano convivono maschile e femminile, due dimensioni che hanno pari valore e dignità. Nell’uomo, l’uccisione della donna è in un certo senso anche l’uccisione del proprio femminile non accettato, la cui percezione risulta intollerabile, perché mina un’identità maschile che deve essere, per retaggio culturale o per bisogno psicologico, di superiorità, potenza e decisione.
Nulla di questa narrazione psicologica, che si aggiunge ad integrare quella politico sociale, offre giustificazioni alle dinamiche di violenza di genere. Essa tende solo a individuare alcune delle cause sottostanti le personalità e a tentare di fornire una migliore comprensione del fenomeno. Al di là dei complessi contenuti psichici che animano certi comportamenti, bisogna dire che a determinarli contribuiscono fortemente idee e convinzioni che scaturiscono dalla propria ideologia.
I sentimenti e gli istinti non sempre si adattano alle nuove libertà, poiché il dolore causato dall’abbandono, dalla gelosia, non sente ragioni. L’idea che la donna sia indipendente e autonoma, che non sia più oggetto di appartenenza e controllo maschile, è estremamente rivoluzionaria perché trasforma totalmente la tradizione, capovolge una tendenza viva da millenni cambiando completamente l’organizzazione del tessuto sociale. Ed è proprio il rifiuto di questo cambiamento a rappresentare il principale movente.
Vi è un intreccio di concause, dove lo psichico gioca la sua parte, le debolezze mescolate alle paure diventano micidiali, e nei soggetti vulnerabili generano aggressività.
Ma a dare il via libera ai comportamenti violenti è il sussistere di una cultura maschilista talmente radicata da non lasciare spazio ad alcuna esitazione ideologica.
Nunzia Manzo