In questi giorni, per mezzo delle elezioni, si sente spesso parlare (nel bene e nel male) di Gregorio De Falco. Non ho la minima intenzione di argomentare pettegolezzi sulla sua vita privata, né ho l’obiettivo di narrarne le virtù dell’allora ufficiale della sezione operativa della capitaneria di porto di Livorno. Vorrei semplicemente ricordare alcuni particolari di una tragedia avvenuta sei anni fa.
L’ufficiale De Falco acquistò notorietà in seguito alla telefonata effettuata al capitano della nave Costa Concordia Francesco Schettino, dopo il tragico incidente a pochi metri dall’isola del Giglio. Si ricordi l’emblematica frase “Torni a bordo, cazzo!”.
Ma cosa accadde quel 13 gennaio del 2012? Alle 21.45 una nave di proprietà della Costa Crociere, a 96 metri dall’isola del Giglio, urtò uno scoglio che generò una falla sul lato sinistro. Il sottocapo della capitaneria di porto Alessandro Tosi, allertato dai carabinieri di Prato, comprese immediatamente il dramma in corso e resosi conto che la nave era troppo vicina alla costa per attivare i soccorsi marini, informò il suo capitano Gregorio De Falco. Quest’ultimo si mise immediatamente in contatto con il capitano della nave Francesco Schettino il quale, mentendo spudoratamente, disse che si trattava solo di un momentaneo black-out. Alessandro Tosi insistette e fu così che De Falco avviò la macchina dei soccorsi e, successivamente, richiamò al telefono Francesco Schettino, dando luogo alla conversazione più surreale che io abbia mai ascoltato.
A questo punto alcuni dati oggettivi vanno analizzati. Si ricordi innanzitutto che, al momento dell’impatto, la nave Concordia era a soli 96 metri dalla costa, mentre il limite invalicabile imposto dalla legge è di ben 0,28 miglia, cioè 518 metri dalla terra ferma.
Dopo la tragedia si apprese anche che moltissime navi da crociera, quando passavano davanti all’isola del Giglio, facevano “l’inchino” e questo col tacito benestare delle diverse autorità. Pertanto, il fatto che sia stata proprio la nave Concordia ad urtare quel maledetto scoglio, smosso probabilmente dalle mareggiate, fu anche colpa del caso. In seguito ad una serie di indagini, è anche emerso che quella sconsiderata manovra effettuata da Schettino a quella distanza, non è stato affatto un evento straordinario e legato alla sola isola del Giglio, bensì una consuetudine che avveniva in diverse località, tra le quali il Faro di Sorrento. Detto questo, va anche ricordato che le Capitanerie di Porto, grazie a sofisticati strumenti, sanno sempre esattamente a che distanza dalla costa si trovi ogni nave.
Non è comunque mia intenzione creare ombre su De Falco (anche perché non sono in possesso nessun documentato che non sia già stato varato dalle autorità), ma voglio solo ricordare un altro personaggio, quello che per me rappresenta il vero eroe dimenticato: Giuseppe Girolamo. Mentre l’ex capitano della Concordia Francesco Schettino si rendeva protagonista di uno degli atti più codardi che la storia internazionale della marina ricordi e il comandante Gregorio De Falco continuava inutilmente ad intimargli di tornare sulla nave, questo giovane batterista lasciò ad un bambino terrorizzato e infreddolito il suo posto sulla scialuppa. Giuseppe Girolamo quella notte perse la vita.
Oggi, mentre tutti si ricordano del “vigliacco” Schettino “dell’eroe” De Falco, io penso a Giuseppe Girolamo e al dolore che provò la sua famiglia quando apprese che lui non sarebbe più tornato a casa. Peccato che non si possano candidare i defunti, perché Giuseppe Girolamo il mio voto l’avrebbe sicuramente preso.
Antimo Pappadia