La Basilica di San Petronio è la principale chiesa di Bologna. A livello planetario è conosciuta come la sesta chiesa più grande d’Europa e, se consideriamo San Pietro facente parte del territorio Nazionale e non solo dei confini del Vaticano, è per dimensioni la quarta in Italia.
Il motivo per cui ne parliamo oggi sulla nostra rubrica “La rivoluzione della specie” è però un altro.
Intorno al 1410, Giovanni Da Modena dipinse all’interno della Basilica vari affreschi, raffiguranti la vita di San Petronio, la vita dopo la morte e i Re Magi. Tra queste Opere c’è un affresco che ritrae Maometto all’Inferno. L’opera, che è presente in una delle ventidue navate, ha creato un certo disappunto nella cultura islamica. Per motivi di sicurezza è stata richiesta la presenza costante delle forze dell’ordine, le quali svolgono un controllo discreto, seppure rigido e minuzioso, per tutti i turisti che desiderano osservare le meraviglie custodite nell’imponente Basilica. Questo da quando nel 2002, grazie ad alcune intercettazioni, fu scoperto un piano terroristico che come obiettivo si proponeva proprio un attacco alla chiesa di San Petronio.
Noi condividiamo la linea del Monsignor Oreste Leonardi il quale, a tale proposito, asserisce in un articolo redatto nell’inserto “Bologna Sette” (allegato al Quotidiano l’Avvenire Bologna) che non ci sia niente di offensivo o irriverente nell’affresco, in quanto la rappresentazione di Maometto all’Inferno deve essere contestualizzata all’epoca nella quale è stato realizzato il dipinto: un’epoca dove l’islam era visto diversamente da oggi, quando l’estremismo non esisteva.
Questo dipinto non ha mai offeso nessuno per sei secoli: il fatto che ora sia divenuto un punto sensibile per gli attentati terroristici ci dovrebbe far riflettere e meditare in merito a quale direzione stia prendendo il processo di civilizzazione dell’umanità, e se tale cammino stia effettivamente compiendo ancora passi in avanti oppure abbia cominciato a farli a ritroso.
Antimo Pappadia