Per la rubrica “Autobiografia del disagio”, in occasione della vicina Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza, abbiamo deciso di dedicare questo numero a questa tematica. Nella volontà di non cadere nella retorica e soprattutto, in coerenza con la nostra linea giornalistica di dare ed essere spazio libero e democratico, abbiamo posto una domanda aperta, alla quale diverse donne, hanno liberamente espresso la loro opinione/riflessione, in base alla propria esperienza di vita professionale e/o esperienziale.
Le donne che hanno partecipato e che ringraziamo, sono: Claudia Forini Counsellor della Coop. Centro Donne Mantova, Giovanna Ferrari, Roberta Baraldi, Silvia Padulazzi Ass. Anima Rei, Grazia Negrini Femminista storica, Donatella Rampazzo, Franca Giaroni, Silvia Alure, Grazia Biondi Presidente Manden.
IL 25 NOVEMBRE è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Cosa rappresenta per te questo giorno? Negli anni e in base alla tua esperienza, si è trasformata la tua opinione e se si, in che cosa e perché?
Claudia Forini
Da molti anni lavoro con donne vittime di violenza e il 25 novembre è stata per me nel passato, una data molto importante, che in realtà interessava a poche/i, quindi mi sono impegnata, per realizzare nella mia città, Mantova, e nella provincia, iniziative che facessero conoscere questa giornata, originariamente nata per ricordare l’uccisione delle sorelle Mirabal. Anni fa mi sembrava un’opportunità in cui si potevano accendere i riflettori sulla violenza maschile contro le donne. Anche se la violenza contro le donne va contrastata 365 giorni l’anno e non certo un giorno solo. Il mio intento e il mio impegno erano infatti tesi ad accendere un riflettore sulla giornata, per sensibilizzare la popolazione e le istituzioni poiché la violenza maschile sulle donne non è un fatto privato, ma riguarda l’intera società e ognuno/a è chiamato a farsene carico. In parte credo anche di aver raggiunto il mio obiettivo e dico in parte, perché il 25 novembre ad un certo punto è diventato una specie di circo Barnum, dove tutti fanno di tutto, in cui la cosa più importante è dimostrare quanto sta a cuore il contrasto alla violenza, salvo poi dimenticarsene due giorni dopo. Spesso vengono realizzate iniziative prive di spessore e di contenuti, e a zero costi, (potrei fare un lungo elenco), tanto per avere un trafiletto sui quotidiani e far vedere che in quel giorno è stato fatto il proprio dovere, senza impegnarsi realmente. La trasformazione e direi strumentalizzazione, che ho visto nei miei anni di lavoro e attivismo, di questa importante giornata, è qualcosa che mi procura un certo dispiacere, perché non la ritengo certo una trasformazione positiva. Infatti la sovraesposizione mediatica da parte delle Istituzioni, non ha dato riscontri e risultati positivi nel contrasto alla violenza. Purtroppo la politica sino ad ora non è stata in grado di comprendere in che modo affrontare questo fenomeno, e lo ha affrontato solo in temini emergenziali e securitari, anzichè affrontarlo come un problema culturale. Contrastare la violenza maschile sulle donne significa mettere in discussione la cultura patriarcale e i rapporti sociali che la sostengono. Se il governo continua ad affrontare il problema come ha fatto sino ad ora i risultati non potranno che continuare ad essere negativi. Il 25 novembre deve essere un giorno di ricordo delle vittime della violenza maschile e di lotta finché non saremo libere dalla violenza!
Grazia Biondi
Il 25 novembre in molti parleranno di violenza, di donne, di minori e alzeranno bandiere di solidarietà e civiltà, spesso queste persone non le troviamo accanto alle vittime, ma su piedistalli da dove diranno al Paese chi sono e cosa fanno, un lodarsi che paradossalmente non dà voce a chi la violenza l’ha subita veramente, poichè quasi nessuno, concretamente, è disposto poi a sporcarsi le mani del nostro dolore. Da donna che ha conosciuto il terribile volto della violenza, con la grande consapevolezza di essere una sopravvissuta, questo giorno lo vivo come un giorno di protesta e di indignazione, perchè nel nostro Paese, molte donne non denunciano piu’ per tanti motivi, che vanno dalla mancata fiducia nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine, alla paura di perdere tutto cio’ che di più caro hanno, figli compresi; perché solo noi conosciamo il nostro nemico, ma non possiamo permettercene altri, quelli che vivono di indifferenza, di burocrazia e di maschilismo, quelli che gestiscono la nostra vita a colpi di verbali, denuncie e sentenze. Chi denuncia paga un prezzo altissimo in nome dell’amore e di un’insana in”giustizia”. Il mio pensiero è che si possono scrivere tutte le migliori leggi del mondo, ma finché non sono applicate a cosa servono? Fino a quando tutte le operatrici e gli operatori non si caleranno realmente nel problema e non tuteleranno concretamente le donne vittime di maltrattamenti e i loro diritti; fino a quando continueranno a pensare con il portafogli e con la “testa degli uomini”, noi continueremo a morire, mentre le nostre denunce continueranno ad essere inascoltate e si trasformeranno nella nostra condanna a morte. Ho scoperto in questo percorso, il dramma immeritato della “rivittimizzazione” ad opera di chi dovrebbe tutelare e accogliere noi donne violate nella nostra intimità, nella nostra identità e costrette a vivere situazioni di isolamento ed emergenza protratta. Le forze dell’ordine spesso hanno atteggiamenti dissuasivi e conciliativi, a tutela dell’interesse superiore della famiglia, ma dove c’è violenza e sopruso non ci sono diritti né famiglia! Per non parlare delle risposte che si ricevono nelle aule di Giustizia, quasi sempre caratterizzate da difficoltà burocratiche, superficialità investigativa, insensibilità e impreparazione specifica nella materia. Le cancellerie talvolta, distrattamente (?) perdono i fascicoli e documenti di valenza probatoria. I giudici non leggono le carte, non ascoltano le donne con l’attenzione necessaria, e soprattutto vi è una lentezza nel predisporre e attuare decisioni che ne tutelino l’incolumità. Ho potuto constatare che quando si denuncia, un avvocato di grido raramente lo scoverete accanto alle vittime, nei tribunali, in gratuito patrocinio. Invece i maltrattanti hanno a disposizione i migliori avvocati, principi del foro, incompatibilmente con lo stato di indigenza reddituale che spesso dichiarano, hanno anche dalla loro parte testimoni “compiacenti”, poichè quelli che conoscono la verità iniziano a dileguarsi e piu’ il tempo passa e più la loro memoria vacilla, come anche la loro coscienza. A questa analisi triste e lucida se ne aggiunge una fatta di speranza e calma determinazione perchè ritengo, nonostante tutto, che noi donne dobbiamo lottare per riprenderci le nostre vite, indipendentemente da attacchi, provocazioni, non dobbiamo permettere più a nessuno di usarci violenza, che siano avvocati, giudici, assistenti sociali pericolosi, carnefici, falsi testimoni e altro… per dire basta dobbiamo crederci sempre, anche se tutto sembra essere contro di noi. Quando varco la soglia dei tribunali, tra quelle scure toghe, a volte leggo sguardi di sconforto, amarezza e indignazione, altre volte insana freddezza mista a spocchia, sfacciata indifferenza e mancanza di solidarietà. Da donna che ancora sogna, crede e lotta per la giustizia, vorrei: toghe “trasparenti e magiche” dietro le quali noi potremmo individuare mediante un dispositivo rosso, se dietro batte un cuore, e con il dispositivo nero il colore dell’anima . Chiudo questo mio pensiero con un appello e un amara constatazione: quando comprenderete che non sono le manifestazioni a salvarci la vita, ma la voglia di venirci incontro, di accogliere le nostre denunce, di ascoltarci e di crederci, perché è così che si salvano le vite delle donne. Ci salveremo quando tutti indistintamente inizierete a crederci e ad accoglierci, quando ci sarà la solidarietà tra esseri umani. Siamo in un mondo fatto di violenza, in una società che non ci vuole più, a noi non servono scarpette rosse per ricordarci, ma serve che vi ricordiate di noi quando siamo in vita, cominciate da noi, da quelle donne che vi chiedono aiuto e non lo ricevono, entrate nelle aule dei tribunali e non nelle piazze, entrate nei nostri cuori e liberatevi di quei giudizi e pregiudizi che distruggono le donne. Alle Donne dico che: chi mi voleva distruggere mi ha fortificato, le distruzioni sono state il mio innalzamento, in questi percorsi dobbiamo salvare il meglio di “ noi”, anche se quel meglio ci ha fatto incontrare il peggio; il vero coraggio è nel ritornare alla vita riprendendoci la nostra libertà, con la consapevolezza di essere donne che hanno avuto il coraggio di dire BASTA, il coraggio della verità e dell’amore, perchè essere migliori è un dono non una punizione !! Io, per il 25 novembre che verrà, non alzerò bandiere, ma pregherò nella speranza che in una società che ha perso la cultura del rispetto e dell’amore, mancando di pietà e solidarietà, che il buon Dio intervenga, non perché cambino le leggi, bensì i cuori e le coscienze di chi le applica. Il mondo ha bisogno di buoni esempi non di cattiverie gratuite, di uomini e donne che insorgano insieme a tutela dei diritti umani delle donne, perché solo quando tutte e tutti avremo la capacità di indignarci e di tutelare chi viene lesa nella dignità, avremo vinto la violenza ! Grazia Biondi Presidente Manden – diritti civili e legalità.
Grazia Negrini
Mi è stato chiesto, cosa penso della situazione della violenza di genere nel nostro paese, dopo più di trent’anni che me ne occupo. Se devo esprimere dei giudizi sulla situazione partirei da questi:
– I centri antiviolenza che furono una grande novità degli anni ’90, oggi non costituisco più un referente valido perché negli anni si sono trasformati in centri di potere secondari, assoggettati alle amministrazioni che in genere li mantengono;
– Le donne delle istituzioni non sono state in grado in questi anni di raccogliere nulla da ciò che in qualche modo i centri potevano trasmettere. Questo fa sì che durante la campagna elettorale delle donne, la violenza di genere sia sempre presente salvo poi dimenticarsene una volta elette.
– Si invitano le donne a denunciare, ma spesso la denuncia porta all’uccisione della donne perché non esistono mezzi per tutelarle.
– Le istituzioni potrebbero intervenire pensando a luoghi di aiuto per gli uomini che vogliono uscire dalla loro condizione di violentatore.
– Credo che la violenza di genere non sia più una questione che riguarda le donne, se non come vittime, ma riguarda soprattutto gli uomini. Sono loro gli assassini e come tali vanno puniti non tanto con un aumento delle pene, ma attraverso una certezza della pena.
– Occorre finalmente pensare ad una formazione adeguata delle forze dell’ordine al fine di tutelare la donna minacciata che denuncia.
– Sono questioni che bene o male conoscono tutte. E’ ora di prendere posizioni certe.
Silvia Padulazzi
Siamo connessi ogni giorno ai nostri canali preferiti di informazione e quotidianamente abbiamo modo, se lo vogliamo, se la nostra sensibilità ce lo consente, di rivolgere un pensiero al tema della violenza sulle donne. Non abbiamo bisogno di un 25 novembre per ricordarci che sono “Violenza sulla Donna” una serie di comportamenti tenuti da uomini e donne che ormai sono entrati a far parte del nostro vivere comune e non è nemmeno necessario ricordare quali sono, o forse si. Violenza sulla donna è per esempio far sentire inadeguata una donna che non risponda ai canoni estetici da fotoshop. Violenza sulla donna è sottintendere che occuparsi di casa, famiglia, figli, cura di malati e anziani siano azioni di sua esclusiva competenza. Violenza sulla donna è l’artista che non viene più chiamata a esibirsi perchè non più giovane e non più sessualmente attraente. Violenza sulla donna è la lavoratrice che deve barcamenarsi con la mancanza di flessibilità negli orari. Violenza sulla donna è il non poter parlare della sua solitudine, delle sue frustrazioni, delle sue delusioni perchè considerate di poco valore rispetto a problematiche più pratiche come fare il conto dei centesimi per arrivare a fine mese. Violenza sulla donna è rivolgersi ad un’altra donna pensando di trovare empatia e comprensione e ricevere un’alzata di spalle perchè è più comodo così. Violenza sulla donna è “come ti vesti”, è “copriti”, è “non uscire”, è “lui mi lascia uscire”, è “lui mi lascia andare in palestra”….
Violenza sulla donna è sentirmi giudicata da un’altra donna, è percepirla più fortunata di me perchè ha più soldi, perchè ha avuto più possibilità di successo e carriera, perchè ha potuto permettersi di pagare gli aiuti in casa e per i figli. E’ violenza quando lei mi dice che avrei potuto fare altro nella vita. Violenza sulla donna è l’insegnante dei miei figli che al colloquio mi fa sentire inadeguata e una madre fallita…Non credo più alle alle ricorrenze, mi infastidiscono le giornate “dedicate a..”, mi fanno venire l’orticaria gli uomini e le donne che si ricordano del 25 novembre organizzando eventi che in verità servono a promuovere i loro prodotti artistici o commerciali. Allora a me, che sono una sognatrice, viene da dire una cosa. E’ possibile combattere la violenza senza usare violenza. Il 25 Novembre, regaliamoci un sogno. Lasciamo perdere le celebrazioni: risparmiamo soldi ed energia. Creiamo ognuno di noi nei nostri spazi di vita un fondo che serva veramente alle donne disoccupate, disorientate, disamorate, disperate, disadattate. No, non un assegno di mantenimento: un fondo che aiuti tutti noi, uomini e donne, ad emanciparsi, a prendersi in mano la vita, che restituisca ciò che tutti noi oggi abbiamo perso o non abbiamo mai avuto. Una sorta di banca della ricostruzione di sè, che segua un po’ il principio del caffè sospeso insomma: ogni volta che sperimentiamo violenza, mettiamo a disposizione di tutti buone prassi, azioni, gesti, soldi, cura, amore, fiducia, rispetto, creatività. Il 25 Novembre, regaliamoci un sogno.
Silvia Alure
In base a ciò che mi chiedi ti rispondo che sinceramente un tempo credevo a questa giornata, tanto che ho partecipato anche ad una manifestazione mettendoci anche la faccia raccontando la mia storia di vittima di violenza ma vedo che non cambia nulla, è solo una speranza lontana il cambiamento, io non credo più a nulla! Sono stata tradita da chi doveva tutelarmi GLI AVVOCATI!!!! Che dire di più … che starò a casa senza minimamente pensare a questo 25 novembre.
Roberta Baraldi
25 novembre, data densa di significato, momento di riflessione e memoria, in una società che a parer mio non ne coglie il significato. Col passare del tempo questa giornata è diventata sempre più un teatrino dove valorizzare le debolezze delle donne e non i punti di forza. Al centro dell’attenzione non ci sono le donne vittime di violenze, ma il vittimismo, protagonisti chiunque voglia trarne vantaggio, la parola femminicidio riempie la bocca di molti, ma pochi ci si soffermano il giorno dopo. Quest’anno passerò il 25 novembre con delle donne, ognuna con la sua storia, nessuna vittima, solo tanta empatia.
Donatella Rampazzo
Non è una data che mi ricorda che esiste questa orribile situazione contro le donne! Personalmente soffro a volte la non comprensione da parte di chi ostenta sicurezze nei confronti di situazioni che purtroppo possono, invece, “coinvolgere” chiunque attraversi momenti delicati nella vita. In poche righe è difficile riassumere … mi hai detto di essere concisa, decifra pure il mio pensiero. Lo scontrarmi a volte con chi è sicura che a lei non potrebbe mai succedere, beh … la pensavo anche io così … ma pure, vedi mai?
Franca Giaroni
Solo da qualche anno mi sono resa conto che esiste questa ricorrenza. La violenza sulle donne è sempre esistita, è giusto che se ne parli, se non altro per aggiungere consapevolezza a un problema che la giustizia stessa sottovaluta. Lo si vede dai processi, dalle dichiarazioni di donne che sono state vittime di atti violenti. Spesso hanno paura di ripercussioni, di ritrovarsi sotto casa o addirittura dentro le mura domestiche il loro seviziatore. E ricordo certi discorsi di quando ero piccola, o adolescente. Mi dispiace ricordare che erano le stesse donne, a volte, a giustificare chi prendeva a botte la moglie. In casa mia, anche a quei tempi, per fortuna, o meglio per educazione ricevuta e sensibilità, non è mai successo. Mi stupiva sentire che accadeva, pensavo che io non lo avrei tollerato.
Giovanna Ferrari
In quanto giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre per me rappresenta un momento importante di riflessione su un fenomeno che non conosce frontiere. Che poi si traduca in eventi, spesso solo di facciata, è una triste constatazione che non diminuisce, al contrario amplifica, la portata e la gravità del problema. Dal 2012, da quando ho iniziato ad occuparmi delle tematiche di genere, ad oggi, temo non siano molti gli obiettivi raggiunti: ogni piccola conquista (dove c’è stata) è da difendere e presidiare con le unghie e con i denti; molta ancora la strada per rendere effettive le già scarse tutele alle vittime; troppo blande e spesso contraddittorie le attività di prevenzione e formazione messe in atte. Non sarà certamente una giornata dedicata a risolvere la complessità di un problema che ha radici culturali profonde, dure da estirpare. Di iniziative a contrasto della violenza contro le donne se ne promuovono ormai un po’ tutto l’anno, a prescindere dalle ricorrenze e spesso con maggiore efficacia. Penso, però, che la celebrazione concentrata in un giorno concordato a livello internazionale abbia lo scopo di unire le voci per richiamare meglio l’attenzione. A questo proposito, ritengo importanti le azioni promosse in occasione del 25 novembre da Non una di meno, che, pur con molti limiti organizzativi e gestionali, mira a portare una massiccia presenza femminile negli spazi pubblici, culturalmente riservati al maschile, in una unità di intenti che travalica i confini nazionali. Mi piace questo uscire dalle trincee (mi sono stufata del contrasto alla violenza sulle donne che si traduce in ulteriori limitazioni della libertà femminile) per rivendicare quell’uguaglianza di diritti che ci appartiene come persone e come cittadine.
Marzia Schenetti