Gio. Nov 21st, 2024

Mi chiamo Claudia ho 52 anni e da 26 anni soffro della sindrome fibromialgica.

La fibromialgia è una sindrome che ha più di 100 sintomi ed è caratterizzata da dolore e rigidità muscolare diffusi, spesso associati a cefalea, astenia, disturbi dell’umore e del sonno.

Convivere con questa malattia è come vivere dentro ad un gesso molto stretto, su cui ogni giorno vengono date migliaia di bastonante. In tutti questi anni ho fatto di tutto per cercare di stare meglio, senza alcun risultato. Alternando speranze e disillusioni, mi sono rivolta a reumatologi, omeopati, fisioterapisti, dietologi, fisiatri, gastroenterologi, urologi, operatori shiatsu, psicoterapeuti, ho fatto meditazione, training autogeno e molto altro, ma la mia fibromialgia è peggiorata e così tanto, da non consentirmi più una vita normale.

Cosa vuol dire vivere con la fibromialgia? Vuol dire vedere la vita che passa davanti mentre si è costretti a stare alla finestra a guardare.

Vuol dire sentirsi pieni di idee e di voglia di fare e poter far poco o nulla, perché il dolore e la stanchezza non lo consentono.

Ad un certo punto il dolore e la stanchezza prendono il sopravvento e ci sono momenti in cui scompaiono anche i desideri, e quella che io chiamo la forza delle mente se ne va, e subentra uno stato depressivo  per la condizione in cui ci si ritrova; una condizione di profonda prostrazione e di solitudine, grazie anche alle Istituzioni che si ostinano a non riconoscere questa malattia come una patologia altamente invalidante, lasciando le persone che ne soffrono orfane della sanità, in balia di loro stesse e lasciando posto, fra l’altro, a un mercato fatto anche di cialtroni e millantatori che propongono percorsi e prodotti mirabolanti, con grado di successo dubbio o nullo, a costi altissimi e che nessuno controlla e ferma.

Essere resilienti non è semplice, perché è difficile immaginare la propria vita e il proprio futuro sempre in balia di dolori e stanchezza che non lasciano nemmeno il respiro.

Non esistono sabati, domeniche, Natale, Pasqua, compleanni, feste; tutti i giorni sono uguali, stanchezza e dolori e molti altri gravi sintomi.

La fibromialgia, in me, ha avuto un’evoluzione lenta ma feroce, poiché ormai tutto il mio corpo, dalla testa ai piedi, è investito dal dolore. Dico sempre che “solo i capelli non mi fanno male”!

Insieme al dolore del corpo provo un dolore dell’anima per essere in questa situazione, perché amo la vita ma non riesco più a viverla pienamente e come vorrei.

Lavorare è diventato molto difficile. Per 25 anni, mi sono dedicata con passione al lavoro nel sociale, occupandomi, prima, di tossicodipendenza e disagio giovanile, poi di donne vittime di tratta e vittime di violenza e fondando nel 2013, con un gruppo di colleghe, una Cooperativa della quale sono stata Presidente sino a dicembre 2016.

Da questa ultima carica, con mio grande dispiacere, mi sono dovuta dimettere. Amarezza e sconforto nel dover scegliere la “rinuncia”. La passione che ancora batteva e batte dentro di me fa i conti con quella che è divenuta la mia impossibilità di realizzare di persona gli obiettivi. Ho dovuto prendere l’amarissima consapevolezza dei limiti che il mio stato di salute metteva all’incarico in un ruolo così apicale. Ma anche questa scelta, seppur da me ritenuta necessaria, dal punto di vista psicologico è stato un duro colpo, perché un duro colpo è dover rinunciare al lavoro di tutta una vita.

Ma oltre al lavoro, che per me è sempre stato molto importante, sia per la mia autonomia, che per la mia realizzazione personale, molte sono le attività che non sono più in grado di fare, anche le più semplici come ad esempio mangiare! Mangiare per me è diventato molto difficoltoso, a causa dei problemi digestivi dati dalla fibromialgia, sono anni che non partecipo ad un pranzo, perché non digerisco nulla, non vado quasi mai al ristorante e raramente vado a casa di amici a cena, perché poi sto male per giorni e giorni.

Da anni non riesco a fare le banali pulizie di casa, mettere i piatti in lavastoviglie è molto difficoltoso perchè per i dolori alle mani  non riesco a reggerli, e durante la giornata non posso avere più di due appuntamenti perché non ho l’energia e forza sufficiente, ho difficoltà ad utilizzare il computer per i dolori che mi prendono a collo, braccia e mani; non riesco a viaggiare e riesco a guidare per non più di trenta minuti, dato che nella medesima posizione il corpo si irrigidisce; molto difficile per me, anche leggere semplicemente un libro, per l’impossibilità di restare più di dieci minuti nella stessa posizione; non riesco a ad andare in bicicletta e l’elenco potrebbe essere ancora molto, molto lungo.

Insieme a tutta questa sofferenza fisica si aggiunge quella che viene dall’esterno, perché la malattia non si vede, il dolore non si vede e le persone spesso mi dicono “che si vede che sto bene perché ho un bell’aspetto e sono in forma“.

Quando mi sento dire questa frase, con il patimento che ho tutti i giorni, cerco di non perdere la pazienza e spiegare che il dolore cronico non si vede e non è quindi scritto sulla mia fronte tipo lettera scarlatta.

Cerco di fare capire cosa si prova a convivere quotidianamente con tutti questi sintomi, dicendo: “provate a immaginare di avere un fortissimo mal di denti, amplificatelo a mille per tutto il corpo”, ma so che è difficile da immaginare, perché quando non stavo così, nemmeno io riuscivo a immaginarlo, solo chi vive questa subdola malattia sa cosa si prova.

Nonostante i problemi di salute cerco sempre di avere cura di me stessa e del mio aspetto, per avere un’immagine che sia più vicino possibile al benessere, perché io non sono la mia malattia ma sono prima di tutto una persona,  quando mi guardo allo specchio voglio vedere un volto sorridente e se sono troppo pallida con le occhiaie, prendo il correttore e un po’ di fard per far andare via quell’aspetto emaciato. Poi ci sono giorni che resto immobile sul divano per il dolore e la stanchezza, ma per fortuna non tutti i giorni sono uguali. Ho sempre pensato come a una “combattente” e non mi lascerò vincere da questa malattia, anche se si è presa molto di me.

Ma questo non lo faccio per gli altri, lo faccio per me, è un modo di aiutarmi anche nei momenti di sconforto, e  suggerisco a tutte le persone che soffrono, di non lasciarsi andare e cercare di fare cose piacevoli; è importante nutrire la nostra mente anche di piccole esperienze positive che diano sollievo e facciano staccare la mente dal dolore.

Proprio perché la malattia va gestita, non ci si può lasciare sopraffare e restare in balia della fibromialgia, bisogna avere cura di noi del corpo e della  mente. Quando si ha una malattia cronica o si sta tutto il giorno a letto a piangere o si prende in mano la propria vita e si cerca pur nelle difficoltà di andare avanti con positività e proattività.

Anche se purtroppo questa mia modalità di gestione della malattia accentua l’incomprensione da parte delle persone che incontro e che non riescono a capire come una persona così malata, possa essere sorridente, essere truccata e ben vestita, in quanto, come è a tutti ben noto, le persone ammalate si identificano con un’immagine sofferente e trasandata, diversamente non sono ammalate….quindi stanno mentendo! Ma questi sono solo stereotipi e si sa quanto gli stereotipi possano essere dannosi.

Avere una malattia non riconosciuta, quindi poco conosciuta e che per giunta non si vede, crea a chi ne soffre, ulteriori problemi. I medici stessi non avendo formazione in merito, banalizzano la patologia,  i più non la conoscono e questo è un altro danno nel danno.

Due milioni di Italiani soffrono di questa malattia e sono orfani della Sanità perché il Sistema Sanitario Nazionale non l’ha ancora inserita nei LEA, mentre in molti altri paesi è stata riconosciuta come malattia altamente invalidante. Questo comporta per persone malate, che spesso sono anche state costrette a lasciare il lavoro, ad un esborso economico molto molto oneroso.

Nonostante quest’anno la sindrome fibromialgica sia stata inserita con il codice IDC10 nel classificatore Mondiale di tutte le patologie!

Molta è ancora la strada da fare affinché chi, come me, soffre di questa malattia si veda riconosciuti i propri diritti, l’importante però è stare uniti/e e uscire dal  silenzio e dall’isolamento, perchè anche le battaglie più difficili uniti/e si vincono.

 

Claudia FORINI