E’ sufficiente digitare la parola “abusi” su qualunque motore di ricerca per rendersi conto che la violenza sulle categorie fragili è una drammatica realtà quotidiana. Non passa giorno in cui disabili, anziani e bambini non vengano maltrattati proprio da quelle persone con le quali dovrebbero essere più al sicuro.
Mai, in passato, si è avuta l’impressione che le categorie vulnerabili potessero subire un numero così elevato di abusi e violenze! Questa percezione è giusta, oppure sono solo aumentate le denunce, mentre i numeri reali dei maltrattamenti sono rimasti costanti nel tempo? E se ci fosse realmente una escalation di abusi, quali potrebbero essere i motivi che inducono operatori, badanti e familiari, a commettere tali angherie? E ancora, noi possiamo fare qualcosa per arginare questo dramma?
E’ impossibile stabilire se il numero di soprusi sia aumentato in modo proporzionale alle denunce effettuate di recente, certo è che questo dramma impone un intervento immediato da parte delle Istituzioni e di tutte quelle figure professionali coinvolte nel mondo del Welfare. Bisogna tenere presente che la violenza sulle categorie vulnerabili è un tema che nasconde molte insidie ed è più complesso e controverso di quanto si immagini. Per tale motivo, onde evitare di cadere nella retorica, in questo articolo proveremo a fare un po’ di luce su alcuni aspetti del dramma, mentre in una delle prossime edizioni affronteremo la parte più bruciante e delicata, cioè quella legata alle responsabilità Istituzionali. Innanzitutto bisogna ricordare che sia dal punto di vista etico (si fa per dire, in quanto in Italia non è ancora stato redatto un codice etico ufficiale a cui le varie figure professionali attive nel sociale debbano ispirarsi), sia da quello giuridico, gli abusi e le violenze sono due concetti differenti.
La violenza è un’azione compiuta da un soggetto nei confronti di un altro contro la sua volontà.
L’abuso è una condotta impropria che risulta essere in contrapposizione con il suo scopo originario. Spesso è meno evidente della violenza e può essere commessa anche rispettando un protocollo professionale.
Un atto di violenza comporta quasi sempre una certa consapevolezza da parte di chi lo compie: un infermiere, un medico o un OSS che danno uno schiaffo a un paziente o ne abusano sessualmente, sono quasi sempre consci di aver commesso un’azione illegale; negli abusi può accadere che un operatore commetta un atto improprio inconsapevolmente pur attenendosi alle mansioni professionali, come ad esempio nel movimentare con eccessiva vigoria un paziente, oppure somministrandogli un pasto in maniera frettolosa, costringendolo a vivere un’esperienza molto spiacevole.
Bisogna però ricordare che la letteratura insegna che, una ripetizione sistematica di atti di abuso, prima o poi, sfocia in veri e propri episodi di violenza.
Tra le persone fragili, nessuna categoria è esente dal correre rischi di maltrattamento e tutte hanno un comune denominatore: i maltrattamenti ricevuti vengono consumati prevalentemente all’interno del contesto familiare.
Per dare un’idea della vastità del fenomeno, riporto alcuni dati relativi alle varie categorie a rischio.
La violenza sui minori nel 70% dei casi viene commessa tra le mura domestiche, come ci dice un articolo de “La Stampa” di un anno fa, riportando diversi studi; secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l’Italia ha un indice di prevalenza di abusi e maltrattamenti del 9,5 per mille, pari a 70/80mila casi all’anno.
L’abuso nei confronti delle persone anziane è assai diffuso e meno denunciato rispetto agli abusi su minori. È difficile ottenere informazioni accurate sulle reali dimensioni del fenomeno, ma i dati provenienti dal National Elder Abuse Incidence Study (NEAIS) denunciano che i maltrattamenti e le violenze nei confronti degli anziani sono in crescente aumento. Anche per questa categoria fragile le statistiche asseriscono che i maltrattamenti subiti avvengono prevalentemente in famiglia. Negli ultimi anni il numero di grandi anziani maltrattati nelle strutture pubbliche è notevolmente aumentato, al punto che la WHO (World Health Organization), ha asserito che l’abuso Istituzionale (cioè quando il maltrattamento degli anziani avviene in case di riposo o durante le assistenze domiciliari), è divenuto uno dei principali rischi di abusi e violenze.
Anche la disabilità non è esente dal pericolo maltrattamenti. In merito a questa tipologia di persone vulnerabili i dati non solo sono scarni, ma risultano essere ancora più discordanti rispetto alle altre categorie a rischio citate. Fatto sta che il fenomeno degli abusi nei confronti dei portatori di handicap (come denuncia la rivista interdisciplinare “Maltrattamento e abuso all’infanzia” edita da FrancoAngeli) è molto più diffuso di quanto si immagini, ed è addirittura in aumento.
Per dare un’idea, riporto una ricerca condotta negli Stati Uniti su disabili con insufficienza mentale di età inferiore ai diciotto anni. Lo studio ci dimostra che l’incidenza del maltrattamento è 11,5% contro 1,5% del gruppo di controllo costituito da bambini senza handicap. Alla luce di quanto redatto, credo che ad ogni cittadino sorgano spontanee alcune domande: cosa possono fare gli addetti ai lavori per contrastare questa piaga sociale? Quali sono le responsabilità Istituzionali che vanno assolutamente denunciate?
In uno dei prossimi numeri, sempre nella sezione “Diversamente-sociali”, proveremo a rispondere a queste ed altre spinose e scomode domande.
Antimo Pappadia